Intervista a Cinzia Tedesco “Le donne del jazz”

Di Annamaria De Crescenzo
Foto di SpectraFoto (http://www.spectrafoto.com)
Nell’occasione del concerto di “Le Donne del Jazz” nell’ambito della rassegna “VomeroSuona” di sabato 5 marzo, abbiamo avuto l’onore e il piacere di poter intervista una delle voci più interessanti del panorama Jazzistico Italiano: Cinzia Tedesco che ci ha raccontato la sua musica, la sua visione della vita artistica di una donna che è cresciuta con la magia della musica jazz che ha sempre fatto parte della sua anima e del suo cuore di artista.
1) Sul palco dell‘Auditorium abbiamo potuto applaudire una Cinzia Tedesco con una grande carica e una grande energia. Quanto è stato importante per te questo concerto, che, come tu stessa hai dichiarato, è stato da te a lungo cercato, desiderato, inseguito?
Erano molti anni che mancavo da Napoli e tenevo ad essere uno degli artisti scelti da Michele Solipano che da sempre organizza concerti jazz e cura i suoi cartelloni sempre con grande attenzione alla qualità delle proposte oltre che alla notorietà degli artisti. Questo concerto segna il ritorno sul palco dopo un periodo per me complicato dal fatto che mi sono ammalata di Covid a gennaio, e che a causa di questo ho dovuto rinunciare alla partecipazione come voce protagonista di uno spettacolo teatrale a Milano, con una compagnia americana in diretta web da Memphis, e al viaggio a Dubai per cantare il mio Mister Puccini nel padiglione italiano. Momenti tristi spazzati via dal calore del pubblico napoletano!
2) Partiamo dalla musica allora e dai tuoi inizi. Quando nasce la tua passione per la musica e per il jazz in particolare? Raccontati ai nostri lettori
Da bambina ascoltavo di tutto, dal blues alla musica italiana, da Mina a Sinatra, e amavo Tom Jones. Sono cresciuta cantando di tutto ma un giorno in casa entrò, grazie a mio padre, un vinile di ella Fitzgerald e fu subito amore. Una voce meravigliosa, un canto caldo e travolgente, uno scat perfetto e divertente nello stesso tempo, un sorriso smagliante, una figura rassicurante: Ella Fitzgerald mi ha aperto le porte del jazz.
3) Tanti i progetti e le collaborazioni che hai intrapreso e realizzato in tutti questi anni di carriera. Quali sono quelli che tu pensi abbiano maggiormente influenzato le tue scelte professionali e quanti hanno lasciato dentro di te il desiderio di essere una delle voci femminili più interessanti del jazz contemporaneo italiano?
Grazie della stima che emerge dalle tue parole e non nascondo la gioia di sapere che in questi ultimi anni sono riuscita finalmente a mettere un punto, a dare una impronta alla mia voce, al mio modo di interpretare i brani, di viverli sul palco e di proporre la mia musica. Sono cresciuta anche grazie ai musicisti con cui ho collaborato in questi anni, tra cui Stefano Sabatini, con cui ho realizzato tre dischi di cui gli ultimi due pubblicati in tutto il mondo dalla Sony, Pino Jodice con cui ho inciso il mio primo disco di musica italiana con atmosfere jazz e che è stato uno splendido preludio al successivo disco di ‘pure jazz’ con cui ho debuttato nel mondo musicale jazzistico nazionale. Ma la persona che più ha segnato la mia formazione jazzistica è il batterista Pietro Iodice, perché mi ha fatto capire quanto sia indispensabile cantare sul drumming, avere swing e farlo emergere sul palco senza indugi o forzature.
4) Quanto c’è dentro la tua vita la forza del jazz e quanto metti di Cinzia Tedesco nel jazz che proponi al tuo pubblico?
Sul palco sono Cinzia, sono esattamente come mi vedi: tenera e fragile quando mi emoziono nel cantare una ballad, grintosa ed anche aggressiva quando le parole che canto lo richiedono, divertente quando mi diverto a giocare con la voce, ironica quanto basta. Vivo quello che canto e lo faccio naturalmente e con una libertà che mi concedo e con verità, perché credo sia anche un segno di rispetto nei confronti del pubblico. Chi mi vede sul palco deve sapere che quello che vede, quello che ascolta e quello che vive durante il concerto è vero, non artefatto. Nella vita sono così: diretta, grintosa, arrabbiata quando mi infastidisco ma anche teneramente fragile. Mi piace vivere ‘in jazz’, con i guizzi improvvisi, con le frasi che sorprendono e con la voglia di comunicare con tutti.

5) Parliamo del progetto che hai presentato a Napoli: Le donne del jazz. Da quanto ascoltato sia in musica che in parole, si è capito che dietro tale progetto c’è tantissimo studio non solo nella musica di tali artiste ma anche nel loro modo di essere, di vivere, di agire nelle società a loro contemporanee. Come hai scelto le donne che hai voluto interpretare tra le tante donne importanti che ci sono state nel mondo del jazz fino ad oggi?
Ho scelto le donne di colore, tranne una eccezione che però ho fatto per parlare del tema della ‘mancanza di rispetto della donna come artista e professionistà, ed ho scelto le Black Queens del jazz perché sono sempre stata toccata dal tema del razzismo, dalla assoluta gravità di quanto è successo decenni fa ma che, purtroppo, succede ancora oggi. Sono convinta che ogni essere umano può dare un contributo importante alla vita e che le discriminazioni razziali sono inaccettabili e deprecabili sempre e comunque. Immaginare che Ella Fitzgerald non potesse utilizzare il bagno delle donne utilizzato pochi minuti prima da Marilyn Monroe è una ferita nel cuore, è una scena realmente accaduta che trovo di una gravità estrema. Sono per l’integrazione e per una pacificazione sociale che non può non partire dal rispetto reciproco. Cantare standard meravigliosi e sapientemente arrangiati per me da Pino Jodice mi ha consentito di entrare nelle storie di queste donne e di sentirle ancor più vicine.