Recensione : Omar Sosa, Yilian Cañizares e Gustavo Ovalles concludono la XXV Edizione di Ethnos Festival 2020

di Annamaria De Crescenzo
foto di SpectraFoto (www.spectrafoto.com)
Non poteva concludersi che con un concerto strepitoso la XXV Edizione dell’Ethnos Festival come quello di Omar Sosa, Yilian Cañizares e Gustavo Ovalles che hanno letteralmente conquistato il pubblico della Villa Vannucchi di San Giorgio a Cremano, protagonisti assoluti di un progetto unico come “Aguas”.
Aguas riflette le prospettive di due generazioni di artisti cubani che vivono fuori dalla loro Madre Patria e interpretano le loro radici e tradizioni in un modo unico e raffinato. Le canzoni spaziano dal commovente all’esuberante, e sono l’espressione dell’eccezionale chimica musicale, della sensibilità poetica e dell’originalità dei due artisti.
Il materiale utilizzato in Aguas è un mix coinvolgente e creativo delle radici Afro Cubane dei due artisti, di musica classica occidentale e jazz. L’album è dedicato all’acqua e specialmente a Oshun, la divinità dell’amore e signora dei fiumi nella tradizione Lucumi del retaggio Yoruba conosciuto come Santeria – una pratica spirituale importante per entrambi gli artisti. Come l’acqua è sinonimo di vita, energia, forza e spazio, la musica di questo album è ispirato dalle influenze più importanti dell’acqua – il suo potere nascosto, la sua infinita trasmutazione e la sua inarrestabile creazione. C’è anche una rappresentazione, per Omar e Yilian, dell’acqua come separazione da e nostalgia per la loro terra natia. In concerto, il rigoglioso pianismo di Omar Sosa si sposa anche perfettamente con le percussioni multicolori e multiformi (tamburi Bata, congas, bongos, quitiplas, maracas, guiro, piatti e altro) del percussionista venezuelano Gustavo Ovalles.
Omar Sosa
Uno di quei nomi che non hanno bisogno di molte presentazioni. Il compositore e pianista cubano, classe 1965, nominato sette volte ai Grammy, è uno dei jazzisti più versatili e completi della sua generazione. È stato capace di fondere mirabilmente un’estesa gamma di elementi jazz, di world music e di elettronica con le sue radici afrocubane, riuscendo a creare una sonorità fresca e originale, dal forte sapore latino, ma lasciando sempre grande spazio all’improvvisazione. La carriera di Sosa incarna la mentalità aperta di un artista giramondo (ha vissuto nel nord e nel sud America, a Cuba ed in Spagna) e visionario, che ha lavorato incessantemente per cercare di costruire una visione musicale coerente e personale, davvero cosmopolita. Una ventina di dischi da leader in circa un quarto di secolo di attività professionale parlano da soli. Dentro una così nutrita ed interessante produzione musicale, vi sono ben sei album di piano–solo (l’ultimo, «Senses», è del 2014) – formula che ancor oggi forse predilige – ma anche dei magnifici duetti con il trombettista Paolo Fresu – è un duo collaudatissimo il loro, di cui è appena uscito il terzo episodio discografico, «Eros» (2016) – qualche lavoro orchestrale e, negli ultimi tempi, anche il Quartetto Afrocubano, interamente composto da suoi connazionali, con cui nel 2015 ha inciso «Ilé», lavoro decisamente riuscito e suggestivo.
Yilian Cañizares
Classe 1980, nasce a L’Avana. Talento precoce, a soli sette anni viene ammessa alla prestigiosa Accademia di Musica Manuel Saumell per studiare violino. Nel 1995 vince una borsa di studio per perfezionarsi a Caracas, e due anni dopo ottiene l’ammissione ad un Conservatorio in Svizzera, dove si trasferisce. Ma la sua natura di artista curiosa ed onnivora la condurrà presto alla ricerca di nuovi sbocchi creativi. Decide così di iniziare a cantare, e guarda con grande interesse al jazz, trovando nel violinista Stéphane Grapelli un maestro cui ispirarsi. Forma un quartetto che chiama Ochumare, come la divinità Orisha degli arcobaleni, con cui vince nel 2008 un importante premio al festival jazz di Montreux. Con lo stesso gruppo incide anche i suoi due primi dischi, nel 2009 e 2011. Ma la fama internazionale arriva nel 2013, con l’album «Ochumare», il primo a suo nome. Il successo viene quindi confermato due anni dopo dal nuovo lavoro, «Invocaciòn» (2015). Il suo stile riflette una grande varietà di influenze, con tocchi di jazz, musica classica e musica cubana. Qualche critico ha parlato di un’orchestrazione jazz mescolata ad un rituale Yoruba. Yilian Cañizares canta in spagnolo, yoruba e francese, ed uno dei suoi tratti distintivi è proprio la naturale capacità di cantare e suonare il violino allo stesso tempo.
Gustavo Ovalles
Nato a Caracas nel 1967, come artista e professore ha viaggiato in tutto il mondo con i suoi strumenti tradizionali che includono maracas, culoepuya, quitiplas e bata drums. Con il pioneristico progetto di Omar Sosa Roots Trilogy, Gustavo ha calcato diversi importanti palchi in Europa, Giappone e Stati Uniti. Ha inoltre partecipato al l’album di Sosa Sentir, nominato ai Grammy. Attualmente vive un po’ in Francia e un po’ in Venezuela.
Il concerto è stato strepitoso. Il pubblico entusiasta dal primo brano all’ultimo del trio, è letteralmente impazzito agli accenni di timba, di clave, dei suoni del latin jazz e musicalità afrocubane delle quali Omar Sosa è un indiscusso protagonista a livelli mondiali, per scatenarsi, pur rimanendo rigorosamente ai propri posti in pieno rispetto delle misure anticovid, quando uno strepitoso Omar Sosa ha ballato sui ritmi cubani improvvisando una sensualissima danza di salsa cubana con Yilian Cañizares, entrambi magnifici ballerini oltre che musicisti strepitosi.
Per poi commuoversi sulle parole dello stesso Omar Sosa “Non siamo qui per parlare ma per suonare. Ma una cosa la voglio dire stasera in questa serata cosi particolare. Vogliono imporci una vita senza musica. Ma questo è impossibile e lo stiamo dimostrando tutti noi, ora qui, stasera. Perché la vita non può esistere senza la Musica perché la Musica stessa è VITA!!! “
E il miracolo della musica ha vinto. Anche in questa edizione, nonostante le durissime misure anticovid, si è conclusa con un risultato assolutamente vincente per gli organizzatori, che nonostante i limiti imposti per l’afflusso del pubblico al quale sono stati concessi posti limitati rispetto alla capienza totale delle location previste dal programma stesso per una questione di rispetto delle distanze, è riuscito a portare una musica che come ha dichiarato lo stesso Direttore Artistico Gigi Di Luca, quest’anno è stata molto diversa da quella proposta negli anni di Ethnos, forse lontana da atmosfere e ritmi che negli ultimi anni erano stati proposti come world music da Paesi come l’Africa, l’Oriente, il Sud America dovuto al fatto che quest’anno per gli Artisti di questi Paesi sarebbe stato impossibile poter partire e raggiungere l’Italia ma questo ha dato la possibilità al Festival di ritornare ad una musica con toni diversi, più pacata, più musica dell’anima che ispiri serenità e voglia di spiritualità dell’anima della quale in un momento così particolare ne abbiamo bisogno intensamente
Non resta quindi che sperare in momenti migliori e attendere con gioia la prossima Edizione di Ethnos Festival 2021