Recensione: Dianne Reeves la regina del jazz, ospite di Roma Jazz Fest 2019

di Annamaria De Crescenzo
foto di Mario Catuogno by SpectraFoto

Roma è da sempre una delle città più importanti per gli artisti jazz di ogni Paese e tanti sono i concerti e le rassegne jazz che permettono agli appassionati ed estimatori di tale genere musicale di poter ascoltare i più grandi musicisti jazz del mondo.

Dal 1 novembre al 1 dicembre si realizzerà la 43a edizione del Roma Jazz Festival una produzione dell’IMF International Music Festival Foundation di Roma in co-realizzazione con Musica per Roma e Casa del Jazz con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività culturali, con l’attualissimo titolo di “No Borders Migration and Integration” sotto la direzione artistica Mario Ciampà, e con un programma pensato per indagare come la musica jazz, da sempre aperta ad ogni contaminazione culturale e musicale, possa riflettere l’esigenza di combattere vecchie e nuove forme di esclusione ed essere e creare importanti occasioni di incontro e di confronto fra le persone. Per questo ogni artista scelto per tale edizione (Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Dave Holland, Antonio Sánchez e Ralph Towner, Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren, Dianne Reeves, Carmen Souza e Linda May Han Oh e Elina Duni, Tigran Hamasyan, Gabriele Coen, Roberto Ottaviano solo per citarne alcuni) è stato scelto per il suo progetto artististico e la sua storia personale ed è stato inviato a dare una sua particolare visione di queste importantissime tematiche.

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Dopo la doppia serata di inaugurazione del 1 Novembre con il concerto dei RadioDervish all’Auditorium Parco Della Musica e i KoKoroko allo storico locale jazz di Roma “Monk”, la seconda serata del Festival ha visto arrivare, sabato 2 novembre, sul palco della Sala Sinopoli, una delle più grandi stelle del jazz internazionale: Dianne Reeves, accompagnata da Peter Martin al pianoforte, Romero Lubambo alle chitarre, Reginal Veal al contrabbasso, Greg Hutchinson alla batteria.

Il 2018 è stato un anno fortunato per Dianne Reeves che in aprile è stata nominata NEA Jazz Master, la più alta onorificenza americana nel campo del jazz, ed in settembre è stata insignita del titolo Jazz Legend dal Festival di Monterey il festival americano le ha anche dedicato uno speciale showcase che le ha dato l’opportunità di esibirsi in contesti diversi. In precedenza la Reeves aveva anche conseguito il dottorato honoris causa della prestigiosa Juilliard School di New York in una cerimonia al Lincoln Center.

Sono soltanto gli ultimi riconoscimenti tributati alla cantante di Detroit, che in carriera ha vinto cinque Grammy Awards (con nove nominations). Tra questi, anche il Grammy per la colonna sonora del bel film di George Clooney Good Night, And Good Luck. Il prezioso bianco e nero della pellicola ben si coniugava con le atmosfere cool delle canzoni cantate dalla Reeves sullo sfondo dell’America del Maccartismo.

Dianne Reeves è la diretta erede della grande tradizione delle vocaliste jazz, e tra le sue ispiratrici troviamo leggende come Sarah Vaughan e Carmen McRae. La sua duttilità le permette però di essere completamente a proprio agio in generi diversi come il soul ed il pop più raffinato.

Figlia d’arte (padre cantante, madre trombettista, George Duke era un suo cugino) ha cominciato a cantare da ragazzina, finché è stata scoperta e lanciata da Clark Terry. Primi ingaggi con Sergio Mendes e Harry Belafonte, ma la svolta della carriera è arrivata con il contratto con la Blue Note, con cui la Reeves ha inciso praticamente tutti i suoi album fino all’ultimo, Beautiful Life, uscito per la Concord.

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L’artista è stata accolta in Sala Sinopoli dagli applausi del numerosissimo pubblico accorso all’Auditorium Parco della Musica per poter ascoltare la sua voce particolarissima che riesce a dare emozioni sia quando si esibisce in stardard jazz come “Softly as in a Morning Sunrise”, “Stella by Starlight” e “My Foolish Heart” che hanno trasportato la platea nelle atmosfere jazz degli anni ’40, alle sonorità afro come nella scatenatissima “Afro Blue” o al ritmo suadente di “Tango” che racchiude tutte le sonorità di Cuba e del Brasile in una emozionante rumba, sottolineata dalle note della chitarra di Lubambo in maniera decisamente affascinante. Ed è proprio con lui che, congedati momentaneamente gli altri tre musicisti del gruppo, da vita ad un momento decisamente emozionante, dedicando, con la sola voce e chitarra, tre brani alla musica Bossanova e MPB  con l’interpretazione di “Travessia” di Milton Nascimento, “Agua de Março” di  Antônio Carlos Jobim e  “Insensatez” nella versione inglese “How Insensitive” musicata Antônio Carlos Jobim e i testi di questa bellissima canzone sono stati scritti in portoghese da Vinícius de Moraes e in inglese da Norman Gimbel, salutati da un lunghissimo applauso da parte di tutto il pubblico presente.

Tanti ancora i brani presentati della lunga carriera dell’Artista fatta di sonorità gospel, blues, R&B e soul che l’artista arricchisce ancora di più con momenti di scat con i quali coinvolge in un bellissimo finale tutto il pubblico in sala, e una presentazione trascinante dei suoi musicisti in un finale di grande energia e di grande coinvolgimento. È decisamente una vera, strepitosa, regina del jazz.

 

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