La mostra di Jago a Roma: un’esperienza da vivere

articolo e foto a cura del Prof. Paolo Romano 

E’ una calda mattinata di un martedì di luglio. Per le strade di Roma, la città eterna, si incrociano
persone indaffarate che si recano al lavoro che si miscelano ai tanti turisti da tutto il mondo che,
finalmente, sono di nuovo numerosi nella Capitale.
E tra questi anche alcune decine che, all’angolo tra via del Corso e Piazzale Venezia, aspettano
l’apertura di Palazzo Bonaparte, dove dal 12 marzo una mostra sta avendo un grande successo al
punto che, invece di chiudere il 3 luglio, è stata prorogata fino a fine agosto.
Il merito? Di quello che è, forse, lo scultore più cool del periodo: Jago!
Al secolo Jacopo Cardillo, Jago ha avuto i suoi natali a Frosinone e da qualche anno crea nel
quartiere popolare della Sanità a Napoli, dove si è trasferito e dal quale sicuramente sta arricchendo
le sue fonti di ispirazione.
Le definizioni sul suo conto si sprecano: da chi lo vede come un nuovo Michelangelo, vista anche la
sua Pietà, a chi lo ritiene al pari di una rockstar, fino a chi, e difficile esser certi che sia un
complimento, ne evidenzia l’abilità da comunicatore.
Per capire la sua opera il consiglio è semplice e lo abbiamo messo in pratica in prima persona:
bisogna andare a visitare la mostra “Jago The Exhibition”, curata da Maria Teresa Benedetti. Poi
una volta usciti ognuno avrà la sua definizione.
Noi vi diamo subito la nostra: un genio!
La lavorazione del marmo da parte dell’artista è davvero di altissimo livello. Jago è uno scultore
che vive il suo tempo, e lo si nota nelle sue opere, ma ha il pregio di mantenere un approccio
classico che rende le sue opere di impatto ma anche comprensibili a tutti (la qual cosa spesso non è
usuale nell’arte contemporanea).
E anche quando si mette alla prova con sue interpretazioni di capolavori della scultura, come nel
caso della Pietà, chiaramente evocativa di quella di Michelangelo, e del Figlio Velato, quasi a voler
onorare già nel titolo la “scultura madre” del Cristo Velato di Sanmartino, i risultati sono eccellenti.
Non a caso nel testo della curatrice della mostra colpisce una frase di Jago nella quale, il giovane
artista, prova a spiegare il suo modo di fare arte: “Utilizzo metodi tradizionali trattando temi
fondamentali della realtà in cui vivo. Il legame col contemporaneo è fortissimo”.


Ed è, proprio, questo forte legame tra classico e contemporaneo che si percepisce attraversando le
stanze della mostra e si capisce che probabilmente è la chiave dell’unicità della sua opera.
La mostra è un crescendo di emozioni e di sensazioni con il visitatore che viene immerso nel mondo
dell’artista attraverso le sue più importanti opere. E come non farsi rapire dalle venature dei corpi
scolpiti come nel caso della Venere o di Habemus Hominem la cui storia è davvero particolare. Nata
per immortalare Papa Benedetto XVI diventa poi “spogliata” a seguito delle dimissioni papali in un
percorso che va dal 2009 al 2016 e che ci dà il senso di una scultura che vive con noi nel tempo e
muta, questa è davvero la grande novità, con noi.

E che Jago scolpisca le sue opere come fossero soggetti vivi lo dimostrano anche la piccolissima
First Baby (3x3x7 cm), che è andata nello spazio con l’astronauta Luca Parmitano e che ci riporta
alla monumentale Lock Down (non in mostra) che fu collocata a Piazza del Plebiscito a Napoli
durante la pandemia e ora è in un deserto egiziano in una solitudine che fa rumore.
Una esposizione consigliatissima e adatta a tutti: a chi è legato ai temi della scultura classica, a chi
ama l’arte contemporanea, a chi vuole che l’arte debba sapere anche comunicare sui social, a chi
pone l’attenzione sulla precisione dello “scalpello”.


La mostra rimarrà aperta fino al 28 agosto tutti i giorni dalle 11.00 alle 21.00 – Palazzo Bonaparte –
Roma.

Info orari e prenotazioni:

https://www.mostrepalazzobonaparte.it/mostra-jago.php

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