MAGIP, l’intervista al compositore Gilberto Mazzotti

di Giorgio Borrelli

Magip è un lavoro composto da otto brani. Si naviga nello spazio e nel tempo, il tutto risulta godibile e fresco. Ci parli del processo creativo che ha portato alla luce le otto tracce dell’album?
– Il processo creativo è nato con l’incisione del primo album “IN THE BLOOM“ del 2016, dove Sandro Scala (sax) mi propose di suonare le mie composizioni e mi fece conoscere Piero Simoncini (basso) e successivamente Michele Iaia (batteria). Cominciando a provare nacque spontaneamente il desiderio di registrare per creare un album e così è nato “MAGIP“ che rappresenta la seconda puntata in cui sono stati utilizzati brani di vecchia scrittura unitamente ai nuovi arrangiamenti e composizioni nate sull’onda delle emozioni dell’ultima esperienza.

La formazione risulta essere costituita da: Alessandro Scala (sax soprano e sax tenore), Piero Simoncini (contrabbasso), Michele Iaia (batteria) e dallo special guest Simone Zanchini (fisarmonica).Come è avvenuta la scelta dei musicisti che ti accompagnano in questo viaggio?
– Come dicevo prima, Piero e Michele sono stati presentati da Alessandro, mentre Simone Zanchini è stato scelto inizialmente perché la fisarmonica poteva essere uno strumento da associare alla sonorità di alcuni brani, ma poi Simone con la sua straordinaria natura musicale è riuscito a oltrepassare lo strumento aggiungendo carattere e colori veramente inaspettati.

Cosa ne pensa Gilberto Mazzotti dell’attuale panorama jazz italiano?
– Non vorrei spingermi in valutazioni musicali ma vorrei esprimere un forte desiderio perché il JAZZ, come fonte di cultura multietnica, venga molto più valorizzato per far crescere veramente la pura globalizzazione dove le varie culture si mixano e non si arroccano nelle proprie usanze e tradizioni, creando così un vero pianeta dove l’uomo è uguale in ogni luogo. La musica JAZZ ha questa missione.

Quando componi fissi le idee prima sul tuo fidato piano, oppure utilizzi anche altri strumenti?
– Per ora ho sempre utilizzato il piano come strumento. Per me rappresenta la piattaforma più completa da cui posso fissare le melodie e le armonie contemporaneamente, quindi non penso di allontanarmi da “lui”.

Dai tuoi brani trapelano in maniera lapalissiana i sapori, le immagini ed i profumi dei luoghi da te visitati. Definiresti il tuo modo di comporre “cinematografico”?
– In alcuni brani è come tu dici, cioè sono ispirati da esperienze di vita vissuta, altri invece sono pura emozione generate dalla fantasia. Qui le sensazioni sono trasformate in suono e nascono spontaneamente dall’interno.

Nella realizzazione di un brano parti da un concetto armonico o melodico? Ti capita di canticchiare il tema di un brano prima di tradurlo polifonicamente in più voci?
– Per la realizzazione di un brano a volte parto con una traccia melodica, altre volte da una base ritmica, oppure, anche con un giro di basso. Non è una cosa statica, poi le armonie le aggiungo successivamente. Mi capita, a volte, di partire canticchiando un tema per poi estenderlo giungendo alla chiusura di un discorso, poi aggiungendone un altro e così via arrivando fino ad una struttura base per poter così iniziare il primo arrangiamento. Successivamente lo propongo ai ragazzi ed insieme, durante le prove, costruiamo definitivamente il brano stravolgendone, talvolta, la prima bozza. In questa fase chiudiamo il cerchio fissando la struttura del brano che possiamo suonare ripetutamente al fine di assimilarlo per avare poi la padronanza delle espressioni personali.

Progetti futuri?
– A breve abbiamo in prospettiva diversi concerti dal vivo per poter vivere e trasmettere al pubblico i sentimenti in maniera istantanea che solo con un live riesci a manifestare. In seconda battuta, la preparazione del prossimo disco.

Grazie ancora dell’occasione per poter esprimere il mio pensiero.
Grazie a te per la cortese disponibilità da parte mia e della redazione tutta di Around Music & Eventi.

Giorgio Borrelli.

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