PERSISTENCE – di GIACINTO PIRACCI

di Giorgio Borrelli

PERSISTENCE

Giacinto Piracci non è solo un ottimo chitarrista ma, altresì, un raffinato compositore che, con “Persistence”, accompagna l’ascoltatore nel suo variopinto universo musicale.
Registrato presso lo Skidoo Records e prodotto dallo stesso Piracci, questo lavoro non è solo un album jazz. Persistence è il luogo natio del compositore in cui il suo linguaggio trova la massima espressione. È un disco maturo, un approdo sicuro che conduce, in modo vellutato verso territori sconfinati e policromatici


Sempre attento alla dinamica ed al “tocco”, con la sua fidata Gibson 335, l’autore con guida sicura e piglio modernista ci conduce in un paesaggio urbano perfettamente descritto grazie anche al sostegno dei valenti Sergio Di Natale alla batteria, Francesco Galatro al contrabasso e Mario Nappi al piano i quali incorniciano con superba tecnica tutte le atmosfere pensate, volute e dipinte dall’autore.
Colpisce l’eleganza dei fraseggi e le note non scontate che non sono solo la naturale evoluzione di uno studio attento e certosino condotto negli anni ma preziosi capitoli di un’unica voce in grado di trasferire il desiderio di Piracci di “andare oltre”.
La complessità dell’album non fa altro che confermare le esponenziali potenzialità del chitarrista che, tutt’uno con il suo strumento, regala preziosi episodi come nella prima traccia “Turneraund”, brano in cui le mani di Piracci non conoscono esitazione, nessun dubbio, in un fraseggio be-bop argutamente sostenuto dal piano di Nappi.
L’opera è avvincente.
Tutti i brani esprimono una conversazione polifonica e si lasciano apprezzare, oltre che per la voglia di sperimentare, soprattutto per l’amalgama e l’equilibrio della formazione che dona una mirabile architettura dei concetti pensati dal chitarrista.
Piracci si esprime su più piani. Lo dimostra la danza del solo in “Persistence”, traccia che dà il titolo all’album. L’autore solca sentieri arditi con una semplicità disarmante grazie al granitico piano di Nappi che urla a voce alta per poi planare verso la fluida pastosità della chitarra di Piracci.
“Farewell, shiny smile (To Luca)”, è la terza traccia estrapolata dal lavoro di Giacinto Piracci. Qui il coro del quartetto trova una genuina intimità, un dialogo quasi sospeso ma condotto dal regista con azione sicura. Il brano dopo un’iniziale atmosfera sognante esplode in un vorticosa cascata di colori ondeggianti.
La voce corposa del contrabasso di Galatro apre “Three rooms, no exit”, quarta traccia del disco e ne fonda l’ossatura. Una ritmica decisa, secca, senza se e senza ma, inizialmente sostenuta da un leggero overdrive della chitarra di Piracci, una voce sussurrata, quella del chitarrista, che ruggirà al minuto 03:17.
L’anima eclettica ed elettrica di Piracci emerge in “Drop it like It’s drop”, brano dal sapore funk dove la voce sorniona di Piracci fa il verso al piano di Nappi, mentre l’ottimo Sergio Di Natale asseconda il gioco dei compagni di viaggio con puntuale cura. E’ chiara la gioia nell’esecuzione e la sperimentazione, apparentemente giocosa, che in realtà rivela un intricato interplay tra i musicisti tale da svelarne, per ognuno, l’anima.
Raffinato e dal sapore “evansiano” è la traccia “Tantinello”, altra perla di Piracci che leggero come una piuma, ci fa indossare un elegante abito da sera per poi congedarsi incrociando la voce del piano di Mario Nappi.
La voce stizzosa e granitica di Galatro e del suo contrabasso ritorna in “Raskol’nikov” che introduce la breve e frenetica danza tra Piracci e Nappi, in un duetto simbiotico che lascia senza fiato.
Giacinto, attento osservatore della realtà, ci consegna l’accattivante melodia di “One for Peter”. Fraziona il tempo e lo spazio, si osserva da un vetro una città frenetica e luci che si rincorrono, tuttavia si è al riparo, seduti a sorseggiare un drink.
Il chitarrista partenopeo dipinge tramonti, con pennellate impressionistiche in “Limp & Sweet”, dove la voce delicata del contrabasso di Galatro trasferisce immagini romantiche e paesaggi marini, si arriva quasi ad avvertirne i profumi.
Conclude l’album “Hiro”, pregevole pièce con cui l’autore firma questo incredibile lavoro dalle straordinarie e variegate sfaccettature, certo non riassumibili in poche righe ma in grado di stupire e lasciare un segno evidente.
Con “Persistence”, Giacinto Piracci si conferma uno dei musicisti più interessanti dell’attuale panorama jazz italiano.
Grazie alla modernità ed alla freschezza delle melodie, Piracci svela il suo carattere intimista, dotato di una personalità e di un virtuosismo che resta sempre al servizio dell’espressività corale, valorizzando l’armonia complessiva delle composizioni.

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