“Persistency” il nuovo album di Cettina Donato
di Giorgio Borrelli
“Puoi raggiungere qualsiasi obiettivo tu abbia programmato ma ci vuole azione, persistenza è la capacità di guardare in faccia alle tue paure“
Cettina Donato, pianista, compositrice e direttore d’orchestra siciliana dal gusto raffinato, spiega così il titolo del suo nuovo album “Persistency – the New York project“, che palesa la voglia di superare sempre e comunque i propri limiti, in una gara con se stessi.
Accompagnata da valenti professionisti, ovvero: Matt Garrison al sax soprano e tenore, Curtis Ostle al contrabbasso ed Eliot Zigmud alla batteria, la Donato ci accompagna in un mondo a tratti ricco di tensioni emotive che, in una maniera personale e consapevole, offre un repertorio incline al jazz d’avanguardia ma che non dimentica le proprie radici.
Il quartetto genera una deliziosa “piece teatrale”, esprimendo pienamente il senso quasi cinematografico delle immagini in esso contenute.
L’album si apre con “The sweet test love” dove il piano, timido alfiere di questa traccia, cede il passo al sax di Garrison che sostiene con forza il tappeto sonoro generato dalla Donato che al minuto 4:00 “alza la voce”, per poi tranquillizzarsi come un’onda marina.
Emerge, con lapalissina evidenza, la profonda conoscenza dello strumento e colpisce l’uso matematico delle pause che, in “Take it easy“, avvolgono l’ascoltatore in un abbraccio vellutato.
La voce dell’autrice incalza in “Think About” il cui piano è sorretto dalla batteria di Zigmud, spesso in controtempo e dalla voce delicata e sognatrice del sax di Garrison che letteralmente discute con le percussioni in un dialogo visionario dai richiami arabeschi.
Spiazza l’intro dal sapore classico di “Undecided minuet” che, d’improvviso, ci trasporta a Manatthan, precisamente sulla West52nd street di New York al punto tale da sentirne l’essenza.
“Persistency“, brano che dà il titolo al lavoro di Cettina Donato è un concentrato di poliritmia, piano e batteria si intrecciano sulle note serrate e lusinghiere del sax di Garrison che evocano le armonie del raffinato Coltrane ma anche alcuni lavori di Wes Montgomery in Full House, uno stile “newyorkese” come d’altronde anticipa il sottotitolo dell’album, pur tuttavia mantenendo una notevole originalità.
I toni accesi e le ritmiche dei primi episodi vengono mitigati dalla piacevole ballad “Laws”, cover di Carla Bley, eseguita con maestria dalla Donato e dai suoi compagni di viaggio, quasi sussurata e impercettibile nelle sfumature eleganti del contrabbasso di Curtis Ostle e del sensuale sax di Garrison che si rinnova nell’settima traccia, “Sing a song”.
Ottava traccia del disco è l’ammiccante “Gershwin dixit“, connotato da una overture di Garrison che col suo sax strizza l’occhio alla frenetica Rhapsody in blue dell’autore americano, brano presentato il 12 febbraio del 1924 all’Aeolian Hall di New York. L’esecuzione, al pianoforte di Gershwin, che non aveva avuto neanche il tempo di scrivere la parte fu un clamoroso successo, così come avverrà sicuramente per questo lavoro di Cettina Donato.
Un album intimo, passionale e a tratti nostalgico, insomma ricco di spunti con una piacevole sorpresa finale per chi acquisterà il disco. Rappresenta una tappa significativa di un percorso artistico di una delle più intriganti e sensibili “voci” dell’attuale panorama jazz italiano e non solo.